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Legge di Bilancio 2025: varata la Manovra da 30 miliardi


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La strategia di Politica Economica del Governo per il 2025 è pronta. Il Consiglio dei Ministri ha approvato la Manovra, con interventi che valgono circa 30 miliardi di euro.

Il Consiglio dei Ministri su proposta del ministro delle finanze e dell’economia Giancarlo Giorgetti ha approvato il disegno di legge di Bilancio per il 2025 e il documento programmatico di bilancio per il triennio 2025-2027. La manovra ha un costo di circa 30 miliardi nel 2025, più di 35 miliardi nel 2026 e oltre 40 miliardi nel 2027.

Tra le misure della legge la conferma delle pensioni, il taglio del cuneo fiscale, la rottamazione, oltre alle altre novità che riguardano il lavoro e le famiglie, come l’introduzione del bonus “La carta per i nuovi nati“. Per i bonus edilizi il ministro dell’Economia e delle Finanze Giorgetti e il viceministro Maurizio Leo hanno confermato il bonus ristrutturazione al 50%, ma solo per la prima casa, mentre per la seconda casa la detrazione scende al 36%.

Il percorso parlamentare per l’approvazione definitiva della manovra si prospetta lungo e complicato: non sono solo le opposizioni e le parti sociali che si dicono pronte alla battaglia, ma anche tra gli stessi partiti di governo c’è malcontento per alcuni interventi inseriti nel testo licenziato in Consiglio dei ministri. Se su alcune misure, come il taglio del cuneo fiscale, non dovrebbero esserci sorprese, per altre non si escludono modifiche. Dalle pensioni al lavoro, dalla sanità alle nuove tasse.

Si conferma il taglio del cuneo fiscale, ampliando la platea di lavoratori interessati: salirà da 35mila a 40mila euro la soglia di reddito che permette di aver accesso al taglio; inoltre, si conferma l’introduzione di tre aliquote Irpef, ma nel caso arrivassero nuove risorse il governo potrebbe ridurre l’aliquota intermedia dal 35 al 33%. Nello specifico, 23% fino a 28mila euro, 35% fino a 50mila euro (anche se c’è chi punta a scendere, appunto, fino al 33%) e 43% oltre i 50mila euro.

Per quanto riguarda le pensioni, è previsto un aumento di pochi euro rispetto all’incremento Inps legato all’inflazione. Ma Forza Italia insiste per intervenire sul tema, con la promessa anche nell’ultima campagna elettorale, di portare gli assegni minimi a mille euro al mese. Complice un’inflazione piuttosto bassa nel 2024, l’anno prossimo l’aumento automatico legato all’inflazione delle pensioni sarà contenuto: circa l’1,6%, secondo le ultime stime. In pratica, si dovrebbe arrivare l’anno prossimo a una pensione minima da poco più di 620 euro al mese. Una soluzione che non può soddisfare Forza Italia, che sull’aumento delle pensioni minime ha fondato più di una campagna elettorale.

Confermate invece tutte e tre le principali misure di flessibilità in uscita, senza cambiare le regole rispetto allo scorso anno. Resta dunque tutto uguale per Ape sociale, Opzione donna e Quota 103. Ape sociale è di fatto un anticipo pensionistico che può essere ottenuto, per chi ha raggiunto almeno 63 anni e cinque mesi di età anagrafica, soltanto da alcuni lavoratori, cioè da quelli che si trovano in una situazione considerata di svantaggio. Opzione donna consente alle lavoratrici un pensionamento anticipato, ma solo a fronte di 35 anni di contributi e 61 anni di età. Quota 103 apre le porte alla pensione anticipata, questa volta con 62 anni di età e 41 anni di contributi versati, imponendo però il ricalcolo contributivo.

Scatteranno dal prossimo anno nuovi incentivi per convincere i lavoratori a rinviare la pensione almeno fino all’età di vecchiaia (e in alcuni casi anche dopo): il governo ha quindi deciso di accantonare nuove strette sull’accesso alla pensione anticipata, come aveva invece fatto l’anno scorso, ma ha puntato sulla convenienza per le persone a restare al lavoro. Si rafforzerà dunque il cosiddetto bonus Maroni: chi ha i requisiti per andare in pensione con Quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi) potrà avere in busta paga i contributi a carico del lavoratore, ovvero il 9,19% della retribuzione.

Poi c’è il tema sanità, una questione sempre delicata e poco considerata dalla politica italiana e dove poi avvengono maggiori scontri tra maggioranza e opposizione. Su questo fronte, per le Regioni che riusciranno a intervenire sul problema delle lunghe liste di attesa vengono previsti dei premi, mentre arrivano gli aumenti alle indennità di medici e infermieri e del trattamento economico degli specializzandi. Il disegno di legge sulla manovra 2025 è molto lontano dalle necessità della sanità pubblica: le risorse stanziate non bastano a risollevare un Servizio Sanitario Nazionale in grave affanno, sono ampiamente insufficienti per finanziare tutte le misure previste dalla manovra e mancano all’appello priorità rilevanti per la tenuta della sanità pubblica.

Secondo il Presidente della Fondazione GIMBE, Nino Cartabellotta, se il nostro Paese intende davvero rilanciare il SSN è indispensabile avviare un rifinanziamento progressivo accompagnato da coraggiose riforme di sistema, perché aggiungere fondi senza riforme riduce il valore della spesa sanitaria.

A cura di Ernesto Meoli

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