Milano, 15-17 aprile 2025. Al Salone del Risparmio si è parlato di futuro. Ma anche di qualcosa di molto più concreto: di come il presente italiano si gioca tra visione e lentezza, tra innovazione e la cronica difficoltà a sostenere ciò che potrebbe – domani – cambiare davvero le cose.
Il titolo scelto per l’edizione 2025 è una dichiarazione d’intenti: “Oltre il futuro: le eccellenze italiane tra spazio, innovazione e capitale paziente”. Apparentemente visionario, in realtà tremendamente attuale.
La vera domanda che scotta è: l’Italia è pronta a investire in ciò che non porta un ritorno immediato?
Perché l’innovazione – quella vera, che strappa via la polvere dai modelli stantii e propone soluzioni radicali – non è una corsa ai like, né una vetrina. È una maratona silenziosa che ha bisogno di tempo, fiducia, e – appunto – capitale paziente.
E qui nasce il cortocircuito.
Nel nostro Paese, la pazienza del capitale è un concetto fragile, spesso sacrificato sull’altare del breve termine. I fondi cercano exit rapide, gli investitori pretendono trimestrali da manuale, e chi innova spesso si ritrova a farlo da solo, autofinanziandosi o migrando verso lidi più accoglienti.
Eppure, l’Italia non è a corto di eccellenze. Tutt’altro. Dalla space economy al biomedicale, dalla manifattura 4.0 al food-tech, il nostro tessuto produttivo è costellato di realtà straordinarie, capaci di coniugare tradizione e innovazione in maniera unica. Ma manca spesso un elemento chiave: la volontà sistemica di accompagnarle, sostenerle, farle maturare come si farebbe con un frutto raro e prezioso.
Serve una riflessione profonda. Il capitale paziente non è solo una leva economica, ma una postura culturale.
Significa educare il mercato (e chi lo muove) a pensare in termini generazionali, non solo annuali. Significa accettare che alcune startup falliranno, che alcune tecnologie avranno bisogno di una lunga gestazione, che non tutto si può misurare in ROI a sei mesi.
Ma anche che alcune idee, se curate con pazienza e visione, possono trasformarsi in asset strategici per il Paese. E qui casca l’asino, perché troppo spesso in Italia il futuro si misura con il metro del presente.
Le istituzioni dovrebbero essere le prime a credere nel capitale paziente. E invece? Bandi a scadenza stretta, accessi a fondi complicati, burocrazia asfissiante.
La finanza, dal canto suo, è ancora troppo timida nel mettersi davvero al fianco delle imprese innovative, preferendo investimenti più sicuri e prevedibili.
Il risultato è un Paese che ha il genio, ma lo mette in stand-by. Che ha il talento, ma lo svende. Che ha la visione, ma la tiene in un cassetto.
Nonostante tutto, ci sono imprenditori, aziende, fondi e realtà che stanno facendo esattamente ciò che il sistema nel suo complesso ancora fatica a fare: credere nel lungo periodo. Sostenere l’innovazione profonda. Accettare il rischio del fallimento come tappa obbligata dell’evoluzione.
Sono queste le storie che vale la pena raccontare. Non perché siano “positive” – la retorica del lieto fine ci ha stancati – ma perché sono reali. E rappresentano la frontiera viva di un’Italia che, pur con mille limiti, ancora riesce a immaginarsi protagonista nel mondo.
Il Salone del Risparmio 2025 lancia un messaggio chiaro, forse scomodo: non basta investire. Bisogna accompagnare.
Serve visione, certo. Ma prima ancora: serve il coraggio di sostenere idee e imprese quando non fanno ancora rumore. Quando non sono ancora sulla bocca di tutti. Quando sembrano solo scommesse.
Il capitale paziente non è un lusso. È l’unica forma di intelligenza finanziaria compatibile con l’innovazione vera.
E se l’Italia vuole davvero andare “oltre il futuro”, dovrà iniziare a crederci davvero. Non a parole, ma con i fatti.
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