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Black Friday: il paradosso del consumismo “sostenibile”


Black Friday: il paradosso del consumismo “sostenibile” Immagine

C’è qualcosa di profondamente ironico nel parlare di Black Friday e sostenibilità nella stessa frase.

Quel venerdì – anzi, ormai l’intero mese di novembre, ribattezzato “Black Month” – sembra incarnare tutto ciò che la sostenibilità non è: acquisti compulsivi, offerte lampo che stimolano il FOMO (Fear of Missing Out) e montagne di pacchi consegnati alla velocità della luce da corrieri spremuti come limoni.

Eppure, eccoci qui. Una ricerca di PwC ci dice che il 38% degli europei ha comprato solo ciò di cui aveva davvero bisogno. Davvero? Siamo certi che il quindicesimo paio di scarpe da ginnastica e l’ennesimo frullatore per smoothie rientrino in questa categoria? Probabilmente, il bisogno era più psicologico che pratico: un balsamo per l’ansia di non avere tutto subito.

Poi ci sono gli italiani. Sempre prudenti, sempre frugali, ma con un curioso 86% che ha ceduto al richiamo delle sirene del Black Friday. Forse non hanno riempito i carrelli come i vicini tedeschi o francesi, ma l’idea di resistere totalmente è parsa comunque troppo radicale. “Ma è un affare!”, si giustifica la casalinga con il carrello Amazon pieno di cose che scorderà di aver ordinato prima ancora che arrivino.

E che dire dei regali di Natale pianificati con tanto anticipo? Qui il marketing ha fatto centro, spacciando la programmazione degli acquisti come una forma di virtù.

Il messaggio subliminale è chiaro: “Non stai consumando, stai organizzando. Non stai spendendo, stai risparmiando!”. A voler essere cinici, è un po’ come mangiare un’intera torta al cioccolato e sentirsi virtuosi perché si è usata la farina integrale.

Ma il problema non è solo culturale, è anche ambientale. Ogni click “Aggiungi al carrello” genera un piccolo tsunami di emissioni: dalla produzione alla spedizione, passando per i resi (sempre più frequenti), fino al packaging che intasa le discariche. Non c’è Green Deal che tenga se la frenesia del Black Friday diventa la norma, travestita da shopping consapevole.

Forse è il caso di ribattezzare questo fenomeno con un nome più appropriato: Greenwashing Friday. L’unico nero in questione è quello della coscienza collettiva. E mentre ci crogioliamo nell’illusione di un consumismo più “etico”, il pianeta paga il conto, che nessuna offerta speciale potrà mai scontare.

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