La recente indagine condotta da ScuolaZoo e dall’associazione C’è Da Fare ETS fotografa una realtà sconcertante e inaccettabile: 6 studenti su 10 sono vittime di violenza, con la scuola che si conferma il principale teatro di episodi di bullismo (64%), seguita dai social network (24%).
Questi numeri non sono solo dati statistici, ma rappresentano vite spezzate, giovani in difficoltà e un sistema educativo che troppo spesso si dimostra inefficace nel fornire risposte concrete.
Le conseguenze del bullismo e del cyberbullismo sono devastanti. Ansia, depressione, isolamento, perdita di autostima e, nei casi più gravi, ideazioni suicide. Il problema non è solo la violenza in sé, ma l’assoluta mancanza di supporto: quasi la metà degli studenti ha avuto bisogno di aiuto psicologico senza riceverlo. Questa è una falla gravissima del nostro sistema scolastico e sociale.
Negli ultimi anni, le istituzioni hanno proclamato l’importanza del benessere psicologico, ma nella pratica si sono limitate a interventi sporadici e inefficaci. Mentre i casi di bullismo aumentano, la risposta rimane lenta, insufficiente e burocraticamente impantanata.
Se la scuola è il principale luogo in cui si consuma il bullismo, i social network sono l’amplificatore perfetto. Il cyberbullismo non conosce confini: attacchi continui, umiliazioni pubbliche, violenze verbali che viaggiano alla velocità della luce e che restano per sempre.
L’anonimato e l’apparente impunità dei social creano un terreno fertile per chi vuole colpire senza esporsi. Le piattaforme stesse, nonostante proclami e policy di sicurezza, si dimostrano spesso complici silenziose di questo fenomeno, incapaci di proteggere realmente gli utenti più giovani.
Il vero problema è che la società adulta ha smesso di proteggere i ragazzi. Scuola, genitori, istituzioni: tutti sembrano ciechi di fronte a questa emergenza. Gli insegnanti non sono adeguatamente formati per intercettare il disagio prima che si trasformi in tragedia, i genitori spesso sottovalutano il problema, e la politica si limita a proclami vuoti.
Questa è una responsabilità collettiva. Serve un cambio di passo immediato:
Ogni giorno che passa senza un’azione concreta è un giorno in cui un ragazzo perde fiducia in sé stesso, in cui un adolescente si chiude in un dolore silenzioso, in cui un sistema complice continua a fallire. La società non può più permettersi di ignorare questa emergenza.
Il tempo delle parole è finito. È ora di agire.
–