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Le criptovalute volano dopo l’elezione di Trump a presidente degli Stati Uniti


Le criptovalute volano dopo l’elezione di Trump a presidente degli Stati Uniti Immagine

Dal giorno delle elezioni di Donald Trump il valore dell’intero settore delle criptovalute è cresciuto di un terzo, per via delle molte promesse fatte in campagna elettorale. Lelezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti ha rilanciato il mercato delle criptovalute, che veniva da anni di scandali, fallimenti e crolli.

Rispetto al 5 novembre, giorno delle elezioni, l’intero mercato vale ora un terzo in più: in sole due settimane il valore complessivo delle criptovalute in circolazione è aumentato da circa 2.400 miliardi di dollari a oltre 3.200, un livello mai raggiunto da quando esistono questi strumenti finanziari.

Nello stesso arco di tempo il prezzo dei bitcoin, la più popolare criptovaluta al mondo, è aumentato del 36% fino a raggiungere i 92.700 dollari, il valore più alto di sempre. Prima delle elezioni anche solo la prospettiva di una vittoria di Trump aveva già avuto effetti: dall’inizio dell’anno il valore dell’intero mercato è aumentato dell’82 per cento e il prezzo dei bitcoin è più che raddoppiato.

È successo tutto questo perché, nonostante per anni Trump abbia espresso posizioni scettiche sulle criptovalute, durante la campagna elettorale si è presentato come un candidato favorevole alla loro diffusione e all’allentamento delle regole che ne limitano l’utilizzo: tra le altre cose, ha accettato donazioni in criptovalute per finanziare la campagna, ha promesso di mettere fine alla crociata anticripto di Joe Biden e Kamala Harris, di licenziare i funzionari più ostili, di trasformare gli Stati Uniti in una superpotenza dei bitcoin, e di detassarne i guadagni.

Tutto ciò è diventato credibile non solo con la sua elezione, ma anche con il fatto che i Repubblicani hanno ottenuto il controllo di entrambe le camere del Congresso: quindi per Trump sarà facile dare seguito alle promesse.

A differenza del valore delle azioni di una società, le criptovalute sono particolari strumenti finanziari che non si basano su concreti fondamentali economici, come potrebbe essere il fatturato di una azienda, ma solo su dinamiche di domanda e offerta: nelle ultime settimane e negli ultimi mesi sono aumentati gli acquisti in previsione di una loro maggiore diffusione e di un conseguente aumento di valore. La gran quantità di acquisti, ovviamente, ne ha fatto aumentare il prezzo.

Il settore si è dato molto da fare per far eleggere Trump e membri del Congresso favorevoli alle criptovalute: è stato uno dei comparti che più hanno investito in donazioni, con più di 170 milioni di dollari versati a tre PAC a favore delle criptovalute (organizzazioni che raccolgono fondi a sostegno di un certo candidato o tema). Dei 58 candidati al Congresso che i tre PAC sostenevano, 50 sono stati eletti.

Ora i donatori si aspettano una regolamentazione più favorevole, dopo anni in cui le criptovalute sono state state trattate con diffidenza dalle istituzioni che si occupano di regolamentazione e vigilanza finanziaria, particolarmente restie a considerare le criptovalute uno strumento di investimento adatto al mercato: con alcune eccezioni, le criptovalute sono ancora fuori dai mercati regolamentati della finanza tradizionale. Non si possono cioè comprare in borsa, per fare un esempio.

I motivi sono vari: le autorità di vigilanza hanno sempre espresso dubbi sulla sicurezza e sull’affidabilità delle piattaforme su cui si scambiano criptovalute che spesso vengono definite “volatili”. Lo stesso Trump in passato aveva detto che sembravano “una fregatura” e di non essere “un fan” perché il loro valore era appunto volatile e basato sul nulla, ma negli ultimi mesi la sua posizione è radicalmente cambiata.

Dal punto di vista elettorale mostrarsi apertamente a favore delle criptovalute ha significato garantirsi il favore dei milioni di americani che ci hanno investito, nonché il sostegno dell’intero settore, che da tempo impiega molte risorse in attività di pressione sulla politica.

C’è poi anche una questione di tornaconto personale, che ha sollevato grossi dubbi su possibili conflitti di interesse: a metà settembre Trump ha annunciato insieme ai suoi due figli Donald Junior ed Eric un nuovo progetto di criptovalute, “World Liberty Financial“. È una piattaforma di finanza decentralizzata, cioè che gestisce operazioni finanziarie senza intermediari umani, ma solo tramite programmi informatici. Sul sito è indicato che né Trump né membri della sua famiglia sono coinvolti nella gestione e nella proprietà.

Il legame con il progetto resta però oscuro e soprattutto problematico alla luce delle diverse cose che Trump dice di voler fare per agevolare il settore. Una delle prime è licenziare Gary Gensler, attuale presidente della SEC, la Securities and Exchange Commission, l’istituto di regolamentazione e vigilanza sui mercati finanziari (l’equivalente dell’italiana Consob). Gensler è perlopiù contrario alle criptovalute come strumento di investimento, e negli ultimi anni ha promosso una serie di iniziative legali volte a contrastare frodi e truffe nel settore, appoggiato anche dall’amministrazione di Biden: lo scorso anno la SEC ha fatto causa alle principali piattaforme – come Binance e Coinbase – per aver operato come intermediari finanziari di fatto, ma senza i permessi necessari.

La SEC sotto Gensler ha però recentemente fatto anche un grosso passo verso un maggior riconoscimento delle criptovalute: all’inizio dell’anno ha stabilito che si potranno iniziare a comprare e vendere particolari titoli legati ai bitcoin – non i bitcoin di per sé – su tutti i mercati finanziari ufficiali: era una notizia che il mondo delle criptovalute aspettava da tempo. Gensler ci ha tenuto a specificare che la decisione non implicava che approvino o incoraggiano l’uso di bitcoin. Gli investitori devono restare consapevoli della miriade di rischi associati ai bitcoin e alle criptovalute.

La difficoltà principale degli ultimi anni è stata infatti tentare di fare entrare questi strumenti all’interno delle norme già esistenti per i titoli finanziari più tradizionali, come azioni o obbligazioni, e anche per quelli meno tradizionali, come gli strumenti derivati. Le cose non sono andate bene: da una parte è rimasta la diffidenza della finanza tradizionale e dei regolatori, e dall’altra il settore è rimasto senza regole e con molti divieti. È probabile che Trump e il Congresso useranno l’approccio opposto: allenteranno cioè la regolamentazione finanziaria esistente, come era peraltro successo anche durante il primo mandato, in modo da creare spazi normativi che permetteranno alle criptovalute di ottenere maggior riconoscimento e diffusione.

Un provvedimento più simbolico è stato chiamare il dipartimento per la riduzione della spesa pubblica affidato a Elon Musk “Department of Government Efficiency”, DOGE: è un riferimento a una criptovaluta nata per scherzo di cui Musk era stato un sostenitore.

Un’altra iniziativa di cui Trump ha parlato spesso è voler rendere i bitcoin uno strumento di investimento per le pubbliche amministrazioni, seguendo un progetto di legge presentato da una senatrice Repubblicana. Il bitcoin entrerebbe cioè nei bilanci statali al pari di strumenti come il dollaro o l’oro: le finanze pubbliche risulterebbero così esposte alla volatilità estrema della criptovaluta, il che potrebbe rivelarsi un problema.

La prospettiva di entrare addirittura nei bilanci pubblici è evidentemente allettante per tutto il settore, che viene da due anni molto difficili. In definitiva, una pluralità di fattori fanno pensare ottimisticamente a un periodo di crescita e interessanti opportunità nel mercato delle criptovalute.

A cura di Daniela Liguori

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