Lo smart working e i cambiamenti nel mondo del lavoro: quale sarà il suo futuro?


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Lo smart working è una delle tante novità emerse in questi ultimi anni, anche se ha avuto una maggiore applicazione durante la pandemia covid-19: maggiore applicazione perché, pur esistendo magari già presente in qualche contesto o per pochissimi lavoratori, con la pandemia ha toccato tanti settori lavorativi, ovviamente dove applicabile.

L’elemento chiave dello smart working è la flessibilità, che permette ai lavoratori di organizzare il proprio tempo e spazio di lavoro in base alle proprie esigenze

Lo smart working ha portato e porta con sé numerosi vantaggi: dalla flessibilità nel tempo e nello spazio alla riduzione dei costi aziendali. L’adattabilità allo smart working, però, non è stata e non è cosa semplice per tutti i settori lavorativi, poiché, a seconda della tipologia di attività, va considerato il divario tra vantaggi e svantaggi.

Da alcuni anni, però, con il crescente avvento dei canali social, molte problematiche connesse allo smart working sono andate via via riducendosi, di pari passo alla maggiore interconnessione tra i membri del team di un’azienda. Questa cosa, per alcune realtà aziendali, può rappresentare uno svantaggio, ma la soluzione sta nell’organizzazione.

Fatto sta che questo improvviso cambiamento ha portato ad una diffusione senza precedenti dello smart working, con milioni di lavoratori che si sono adattati alle nuove modalità di lavoro.

Lo smart working ha attraversato e sta attraversando varie fasi: si è passati dal lavorare completamente da remoto, al ritorno in azienda soltanto in alcuni giorni della settimana alternati al lavoro da casa, fino al ritorno completo in azienda per buona parte delle realtà aziendali.

Questo processo, ovviamente, non è stato uguali per tutti, con differenze tra il settore pubblico e settore privato. Recentemente è stata approvata la proroga dello smart working per i lavoratori privati fino al 31 marzo 2024, con uno stop, invece, per i dipendenti pubblici. Con la conversione del Decreto Anticipi nella Legge 145/2023, pubblicata lo scorso 16 settembre sulla Gazzetta Ufficiale, è stata, quindi, ufficializzata un’ulteriore proroga dello smart working per i dipendenti privati, dopo l’estensione già approvata lo scorso anno.

Per quanto riguarda il settore privato, possono accedere alla proroga dello smart working soltanto alcune categorie in possesso di determinati requisiti. Le altre categorie di lavoratori privati non sono incluse nella proroga; tuttavia è possibile concordare il lavoro da remoto con il proprio datore di lavoro, se questa possibilità è prevista dalle politiche interne dell’azienda.

Lo scenario è diverso per i dipendenti del settore pubblico. Con l’approvazione del Decreto Milleproroghe, è infatti stata stralciata l’estensione a marzo del lavoro remoto per fragili e dipendenti con figli minori di 14 anni, garantita invece ai lavoratori del settore privato. Tuttavia, per i dipendenti della pubblica amministrazione, rimane la possibilità di concordare individualmente estensioni dello smart working con la propria organizzazione di riferimento, in base al PIAO (il Piano Integrato di Attività e Organizzazione) in vigore.

Data la scelta di due strade diverse per dipendenti pubblici e privati, negli ultimi giorni, in molti si stanno chiedendo quando finirà lo smart working all’interno della pubblica amministrazione e molti dipendenti del settore privato si stanno chiedendo per quali lavoratori lo smart working sia obbligatorio.

In realtà, la legge di recente approvazione stabilisce quali categorie possano approfittare di questa agevolazione lavorativa, senza però fissare un obbligo. Sul fronte dei datori di lavoro, la legge prevede che la possibilità di accordare l’estensione dello smart working sia legata alle caratteristiche intrinseche della prestazione.
In altre parole, il lavoro agile può essere approvato in tutto o in parte a seconda delle mansioni dello stesso lavoratore, quando la sua presenza non è indispensabile in azienda. Il dipendente, a sua volta, non ha l’obbligo di usufruire dello smart working, se desidera continuare a lavorare in presenza.

Una delle più preziose opportunità di cambiamento è forse anche la sfida più impegnativa e si gioca a livello di cultura aziendale

La premessa per un progetto di smart working realmente efficace è aderire a un modello di gestione della forza lavoro basato sulla fiducia e sulla responsabilizzazione anziché sul controllo. Non più legato a orari e presenza, il merito dello smart worker viene misurato su obiettivi chiari e riconosciuto in base ai risultati.

Un’azienda competitiva e innovativa sa incoraggiare l’autonomia dei collaboratori e ne raccoglie i frutti in termini di efficienza, di qualità del lavoro e di coinvolgimento dei dipendenti. La soddisfazione dei dipendenti coinvolti, responsabilizzati e apprezzati aumenta la produttività e attrae talenti.

Oltre ai processi e ai sistemi di gestione del lavoro, occorre, quindi, ripensare i modelli di valutazione e di feedback, non solo per monitorare la produttività, ma anche per riconoscere il merito dei lavoratori.

Con il ritorno al lavoro ibrido e in presenza, il cambiamento ha coinvolto anche gli ambienti delle principali aziende che hanno riprogettato gli spazi di lavoro per favorire una modalità più flessibile e condivisa. In un contesto in cui le persone si alternano, lavorando in presenza e in remoto a distanza di giorni o settimane, si può scommettere sul superamento del concetto di postazione individuale e fissa, progettando uffici che prendono ispirazione dagli spazi di cowork.

Il lavoro da remoto non è possibile senza un’adeguata infrastruttura digitale, che include non solo hardware e device sufficientemente potenti e aggiornati, ma anche una connessione veloce e affidabile, sistemi di sicurezza informatica, protocolli che tutelino la privacy di lavoratori e clienti, VPN, strumenti di social networking interni all’azienda, applicazioni e software compatibili, sicuri e aggiornati.

Se il lavoro deve poter essere svolto ovunque con la stessa facilità con cui lo si esegue nella propria postazione “tradizionale”, le tecnologie a disposizione degli smart worker devono metterli in grado di comunicare con tutti i livelli dell’azienda, di reperire velocemente informazioni e risorse, di ricevere supporto tecnico e formazione.

La trasformazione in atto coinvolge, quindi, in modo sostanziale anche gli investimenti delle aziende negli strumenti operativi, che a loro volta contribuiranno a creare le nuove abitudini lavorative dei dipendenti, sia in presenza che in smart working. Sarà infatti sempre più importante evitare che si creino gap tecnologici tra chi lavora in sede e chi da remoto.

A cura di Ernesto Meoli

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