L’appartenenza ad un genere musicale, piuttosto che ad un altro, fa sentire parte di un gruppo o di una cerchia identitaria in cui si condividono gli stessi interessi, passioni e linguaggi similari.
La musica ha svolto un ruolo fondamentale nell’educazione giovanile fin dall’antichità, basti pensare ai grandi filosofi e pensatori come Aristotele, Socrate e Pitagora, grandi cultori di questa disciplina che ne hanno sviscerato funzioni e potenzialità.
Lo stesso Pitagora, ad esempio, sosteneva l’esistenza di una stretta correlazione tra la matematica e la musica, tanto da definirla “come una serie armonica di frequenze, note e accordi calcolate in modo meticoloso per creare melodie emozionanti e ordinate”.
La musica, così intesa, diventa amica fidata dell’uomo che si adatta alle evoluzioni storiche e sociali, sostenendo e accompagnando soprattutto le giovani generazioni che si fanno portavoce dei cambiamenti repentini della società e quindi dei generi musicali.
Così la musica diventa anche rappresentazione di un determinato momento storico e lo vediamo, ad esempio, con il genere che si è sviluppato negli anni ’60, ormai simbolo di quel periodo o con i generi diffusi negli ultimi decenni come il rap o il trap, emblema di questa generazione.
Musica è anche sinonimo di crescita sociale, basti considerare i numerosi testi che hanno fatto la storia della musica perché hanno raccontato i disagi di intere generazioni. John Lennon, ad esempio, nei suoi testi ha parlato di fratellanza, pace e amore, riportando in luce valori dimenticati ma sempre attuali.
In questa direzione, la musica diventa anche socialmente educativa, riabilitativa, strumento di sostegno e difesa di intere generazioni. Proprio per questo molti psichiatri consigliano la musicoterapia ai bambini con problemi di attenzione, ma anche in caso di tensioni, stress, traumi e problemi di concentrazione. La musica, infatti, aiuta a rilassare, ad esprimere emozioni, sentimenti, paure e quindi ad esorcizzarle con il suo potere benefico.
La cosiddetta Generazione Z, che comprende bambini e ragazzi tra i 9 anni ai 24 anni, risulta la fascia d’età più ricettiva e sensibile alle influenze musicali. La musica costituisce un nutrimento culturale per i giovani. I suoi generi, i suoi messaggi costituiscono le modalità con cui i giovani comprendono e fanno propri principi, convinzioni e stili di vita.
La musicologa e pedagogista Franca Ferrari parla della cultura musicale dei ragazzi proprio definendola come “un insieme di motivazioni, valori, credenze, schemi di interpretazione e criteri di valutazione che i ragazzi accumulano e fanno propri”.
La dimensione “liquida” della musica contemporanea è dovuta fondamentalmente ai processi di produzione e di fruizione musicale dell’era digitale fruibile attraverso dispositivi come pc, tablet e smartphone.
Il sound del nuovo millennio affonda le sue radici nell’EDM, nell’hip hop – con la variante, negli ultimi anni, della musica trap – che fa da traino e rappresenta il genere musicale di maggiore successo, influenzando stili e modelli di vita dei ragazzi.
Quella della Trap Music è divenuta negli ultimi anni il fenomeno musicale di tendenza, che raccoglie un continuo e crescente consenso tra i teenager.
Il successo della trap è dovuto a quel meccanismo che si innesca di graduale identificazione ed empatia con i personaggi, le storie e le situazioni di vita raccontate, una empatia che si compie, in questo caso, anche con modalità spietata, violenta e aggressiva dei racconti, perché questi messaggi contengono una forza pervasiva e ipnotica che suscita emulazione.
Messaggi sottili che esaltano, talvolta, uno stile di vita profondamente materialista e narcisista. I versi inneggiano alla violenza, all’esibizionismo e alla trasgressione, all’oggettificazione della donna; in realtà il puro riflesso di ciò che è diventata la società oggi.
Ci si trova di fronte ad un modello culturale in cui sono riconoscibili i segni di una cultura capitalista, in cui regna la logica del vantaggio personale ad ogni costo, la logica dell’avere e del potere, che considerano l’altro come un nemico da combattere o come un mezzo di cui servirsi per l’interesse personale. Una logica che annulla la persona e la sua dignità, che nega ogni prospettiva di progettualità. Una logica amorale.
Diventano modelli da seguire, rappresentano valori che l’adolescente sente di condividere, perché hanno raggiunto degli obiettivi desiderabili, perché manifestano aspetti della loro personalità che l’adolescente ammira e dei quali ne avverte il bisogno.
Questi modelli possono diventare dannosi? Dipende. È necessario differenziare tra un processo di identificazione in cui l’idolo prende il sopravvento su tutto il resto, allontanandolo dalla realtà, ed una sana imitazione, in cui un l’idolo è imitato in maniera positiva non sostituendosi alla realtà, ma costituendo solo un esempio verso il quale indirizzare i propri sforzi.
Per la trasmissione di tale cultura, il ruolo di chi controlla i mezzi di comunicazione è fondamentale, non solo per la diffusione dei messaggi rivolti ai giovani ma soprattutto perché attraverso questo controllo, si realizza la promozione di valori ed atteggiamenti che poi influenzano modelli di comportamento e mentalità comune.
Di fronte a questo prospetto, la famiglia e la scuola devono svolgere un ruolo fondamentale. A loro spetta il compito di decostruire queste dinamiche, fornendo ai giovani i criteri necessari di un’analisi critica degli immaginari proposti, in modo da offrire una diversa prospettiva di senso e di vita.
A cura di Daniela Liguori