Con un approccio biopsicosociale (evoluzione del modello biomedico che si basa nel mettere al centro la persona nel contesto bio–psico-sociale), aiuta le persone a scoprire la propria sessualità come frutto dell’intersezione tra lo stato di salute fisico, vissuti personali, fattori culturali e sociali.
Sostiene fermamente che ogni persona, indipendentemente dal suo orientamento sessuale, identità di genere, età, livello di abilità e background culturale, abbia il potenziale di vivere la miglior vita sessuale possibile.
L’educazione sessuale che riceviamo è spesso impregnata di vergogna e pudore, venendo poco discussa in termini di emozioni, immagine corporea e piacere.
La mancanza di consapevolezza ed educazione su queste tematiche ha un impatto ancora più significativo su persone marginalizzate, come ad esempio persone con disabilità intellettiva.
Ignorare tali bisogni può portare a frustrazione, isolamento e maggiore vulnerabilità a situazioni di abuso: l’educazione sessuale mirata a questo gruppo dovrebbe includere informazioni su comunicazione, consenso, relazioni sane, sul rapporto con il proprio corpo, consapevolezza emotiva e prendersi cura di sé.
La formazione DEI si riferisce proprio alla promozione di un ambiente lavorativo che accolga e valorizzi le differenze individuali, offrendo pari opportunità a tutti i dipendenti. Le aziende che abbracciano la DEI sono infatti in grado di generare innovazione e costruire un’organizzazione solida e resiliente nel lungo termine.
“In Italia, la conoscenza sulla sessualità legata alla disabilità è ancora debole. Questa mancanza di conoscenza e consapevolezza ha portato a un tabù intorno all’argomento, creando un ambiente in cui le persone con disabilità sono spesso ignorate o trattate come asessuali.
Ci sono diversi fattori che contribuiscono a questa scarsa conoscenza. Uno di essi e l’assenza di un’educazione sessuale inclusiva nelle scuole e nelle istituzioni. Spesso, la sessualità delle persone con disabilità viene ignorata o considerata come inappropriata. Questo crea un vuoto di informazioni e una mancanza di consapevolezza su come affrontarla in modo sano e sicuro.
Inoltre – sottolinea Margherita – esiste una mancanza di risorse e supporto per le persone con disabilità che desiderano esplorare la loro sessualità. Le strutture sanitarie e i servizi di consulenza spesso non sono adeguatamente attrezzati per affrontare le loro specifiche esigenze. Per colmare questo vuoto e necessario agire su diversi fronti. Innanzitutto, è fondamentale promuovere un’educazione sessuale inclusiva, fornendo informazioni adeguate e sensibilizzando le persone sulla diversità con cui ogni persona vive la propria sessualità.
In secondo luogo, è importante formare i professionisti del settore sanitario e sociale per garantire che siano in grado di fornire un supporto adeguato alle persone con disabilità, che hanno domande o bisogni relativi alla sessualità. Inoltre, è necessario promuovere una cultura di apertura e accettazione in cui la sessualità possa essere raccontata, discussa e condivisa, abbattendo così pregiudizi e paure sull’argomento.”
A cura di Claudia Fanelli